Il Prof. Giovanni Solimine si è dedicato per decenni alla ricerca e didattica universitaria, e anche alle battaglie civili per promuovere la partecipazione culturale. Oggi accompagna la riflessione teorica ed è impegnato per l’organizzazione culturale in alcune istituzioni. Dal 2017 è Presidente della Fondazione “Maria e Goffredo Bellonci”, rieletto nel 2022 per un secondo mandato (2022-27), mentre dal 2023, con ordinanza del Sindaco di Roma Capitale Roberto Gualtieri è il Presidente dell’Istituzione Biblioteche Centri culturali del Comune di Roma. Su nomina della Fondazione BEIC è direttore scientifico del progetto per la realizzazione a Milano della Biblioteca Europea di Informazione e Cultura. Per il triennio 2022-25 è stato nominato componente del Nucleo di valutazione di Ateneo dell’Università di Roma Sapienza. Autore di 600 pubblicazioni (libri, articoli, interventi a convegni, introduzioni, premesse, presentazioni e conclusioni di varie pubblicazioni e interviste) e del blog La conoscenza rende liberi (www.giovannisolimine.it).
- Cosa si intende quando parliamo di promozione della lettura?
Possiamo usare due diverse espressioni, che hanno un significato leggermente diverso: “promuovere” la lettura e “educare” alla lettura. Partiamo da quest’ultima. La lettura è un’attività formativa, se condotta in un certo modo. Gli studiosi di scienze cognitive – e tra questi in primo luogo Maryanne Wolf, che più di tutti ha esaminato cosa accade nel “cervello che legge” e il rapporto fra lettura e apprendimento – ci dicono che la pratica della “lettura profonda” genera una gamma di processi sofisticati che includono il ragionamento inferenziale e deduttivo, le abilità analogiche, l’analisi critica, la riflessione e il discernimento, e ovviamente le competenze linguistiche. Per questo motivo, ma non solo per questo motivo, è opportuno educare alla lettura, che non è un’attività naturale, non corrisponde a capacità innate.
Promuovere la lettura – e mi riferisco in particolare alla lettura di testi lunghi, alla lettura di libri, che richiede concentrazione – serve quindi a insegnarci a “leggere il mondo”, a guardarci intorno. Il libro è una macchina molto complessa, è lo strumento di una complessità che per dispiegarsi ha bisogno dei suoi spazi e dei suoi tempi: stiamo parlando della tecnologia della mente umana in azione di fronte a un testo. Ciò vale in egual misura per il testo argomentativo e per il testo narrativo. Un saggio divulgativo o una monografia scientifica che vogliano presentare lo stato dell’arte su una questione, illustrare i risultati di una ricerca e dimostrare una tesi, indagarne a fondo i diversi aspetti, confrontare visioni alternative, proporre un’ipotesi che faccia avanzare le conoscenze sul tema trattato, necessitano di un numero di pagine non piccolo e di una struttura articolata, che comprende il suo corredo bibliografico, documentario o iconografico, i suoi rinvii interni, e anche uno sviluppo logico delle riflessioni dell’autore che accompagni il lettore nel processo di apprendimento. Lo stesso si può dire per un testo narrativo, in cui descrivere compiutamente atmosfere e ambientazioni, che prevede poi l’entrata in scena dei diversi personaggi, che vengono coinvolti nelle vicende che si raccontano, che manifestano i sentimenti che essi provano, e tocca allo scrittore trascinare il lettore all’interno della storia narrata, stimolando l’immaginazione e suscitando emozioni. La progressiva scoperta di tutto questo, attraverso la lettura, innesca processi cognitivi e di crescita e di arricchimento molto complessi, e di incredibile fascino. E vengo così all’ultima parte della risposta, forse la più difficile: «La lettura profonda ci fornisce il veicolo migliore per viaggiare al di fuori del cerchio della nostra vita», scrive Maryanne Wolf. Chi legge, afferma Lina Bolzoni, «dà ospitalità a uno sconosciuto». Chi non legge non sa cosa sta perdendo. Non è facile comunicare il piacere per la lettura, ma per questo conviene impegnarsi tenacemente nella promozione di questa attività.
- Quale impatto ha avuto il Covid sui comportamenti culturali?
Anche in questo caso dobbiamo distinguere tra due aspetti, che sono uno la conseguenza dell’altro. La pandemia ha ingenerato insicurezza, angoscia, disagio profondo. E le misure restrittive che sono state adottate, costringendoci ad evitare le relazioni umane, hanno ulteriormente aggravato i danni psicologici. I più colpiti sono stati i giovani, ai quali sono stati sottratti due anni di “fisicità” nelle relazioni con i coetanei, attraverso la condivisione di momenti come quelli solitamente vissuti a scuola, in pizzeria o in altri luoghi di ritrovo, o attraverso la pratica sportiva. Si è aperto un vuoto profondo. Come se non bastasse, poi è arrivata la guerra in Ucraina, che ha aggiunto ulteriori motivi di angoscia.
Inevitabilmente, questo ha avuto conseguenze sui comportamenti culturali. Con le restrizioni nell’accesso ai luoghi della cultura per contrastare la pandemia, quella che l’Istat definisce “partecipazione culturale fuori casa” tra il 2019 e il 2020 passa dal 35,1% al 29,8%, e tra il 2020 e il 2021 crolla all’8,3%. Da notare che i dati del 2021, quando non c’è mai stato un lockdown vero e proprio, sono molto peggiori di quelli del 2020, quando eravamo stati praticamente chiusi in casa: direi che ciò dimostra che la prolungata chiusura dei luoghi della cultura, la sospensione di attività come lo spettacolo dal vivo o i festival, si sono combinati con gli effetti psicologici: ci siamo chiusi in una bolla, al cui interno c’era spazio solo per le piattaforme streaming e la navigazione in rete. Il numero di “eremiti digitali” è altissimo. Forse, a furia di essere distanti dagli altri, abbiamo perso interesse per gli altri.
Per inciso, tra il 2019 e 2021 si è dimezzato il numero di frequentatori delle biblioteche, mentre il mercato librario non è andato male, ed è stato contrassegnato da una forte crescita del commercio elettronico ai danni delle librerie: modesto l’incremento della lettura di e-book, mentre da un paio d’anni stiamo assistendo a un forte incremento dell’utilizzo del canale audio, con un crescente successo di podcast e audiolibri. Probabilmente la “lettura con le orecchie” conquisterà sempre maggiori clienti.
- I social network anche con pagine specializzate, offrono momenti dedicati alla promozione della lettura. Cosa pensa di questo specifico spazio di condivisione? (strumenti utilizzati anche dalle Biblioteche)
I social network sono il principale veicolo attraverso il quale ci si informa e si comunica con gli altri: all’interno di questa affermazione, che credo non possa essere smentita, ci sono tante differenze, perché troviamo strumenti molto diversi, sia generalisti sia mirati su specifici interessi, che incidono in modo diversificato sui vari gruppi sociali e sulle varie fasce d’età. La potenza di questi mezzi è in gran parte legata alla loro facilità d’uso – sono gratuiti, anche se solo apparentemente, e possono essere utilizzati in mobilità – alla loro invasività. La rete “accede a noi” costantemente, il nostro modo di informarsi ormai quasi sempre parte non da un nostro autonomo input, dalla scelta deliberata di informarsi e dalla selezione della fonte cui attingere, ma da una “notifica” proveniente da Facebook, Instagram o Snapchat o da un altro sito o portale cui abbiamo concesso di inviarci queste comunicazioni (e se per un po’ non sentiamo il suono o la vibrazione della notifica ci assale il dubbio che il nostro smartphone non funzioni o che il tablet non sia connesso). Spesso non siamo più noi a scegliere su quale argomento informarci, ma sono le informazioni a raggiungerci, per cui la decisione è delegata a chi sceglie al nostro posto su cosa e come informarci e su come si formano le nostre opinioni. È il caso, apparentemente, a decidere per noi: riceviamo una notifica con una notizia o un articolo e leggiamo quella notizia o quell’articolo, nel quale altrimenti non ci saremmo imbattuti. Tik Tok sta dando una grossa spinta alla lettura dei libri e comincia a influenzare notevolmente le classifiche di vendita. In un quadro di questo tipo, è evidente che questi strumenti sono preziosi anche per creare una comunità attorno alla biblioteca, per informare i cittadini sulle iniziative e sulle novità librarie, per condividere i commenti su un incontro con l’autore o sui libri che un gruppo di lettura sta affrontando.
- In Italia la biblioteca di pubblica lettura che posizione occupa nella vita di un cittadino, sta diventando un punto di riferimento quotidiano?
Come dicevo prima, le biblioteche italiane sono poco frequentate e abbastanza marginali rispetto alla vita sociale, con forte differenze nelle diverse aree geografiche e dati drammatici nel Sud. A livello nazionale, sappiamo che nel 2021 soltanto il 7,4% delle persone di 3 anni e più si sono recate in biblioteca almeno una volta nei 12 mesi precedenti l’intervista, confermando il calo iniziato nel 2020 a seguito delle limitazioni determinate dalla pandemia (passando dal 15,3% del 2019 al 12,2% del 2020): il vero crollo si è verificato nel 2021, pur in condizioni di parziale normalità. Nel 2022 le cose sono andate un po’ meglio e la quota dei frequentatori è risalita all’11,7% tra le donne e all’8,6% tra gli uomini, ma circa il 90% degli italiani non mette piede in biblioteca. Per trovare dati più elevati bisogna andare a vedere biblioteche che offrono servizi di qualità, che hanno orari di apertura prolungati, che sono capaci di stimolare e incuriosire i cittadini. Sono queste le condizioni per far diventare le biblioteche un punto di riferimento sul territorio. C’è ancora tantissima strada da fare, ma trovo molto incoraggiante il fatto che in città come Roma, Milano, Torino e alcuni centri minori le amministrazioni comunali abbiano deciso di investire parte delle risorse provenienti dal PNRR per realizzare nuove biblioteche, belle e accoglienti, aperte all’innovazione e capaci di offrire esperienze che possono migliorare la qualità della vita. La partecipazione culturale è un veicolo per l’inclusione sociale e la crescita individuale e collettiva.
- La domanda di rito per un blog che promuove la lettura. Nella vita di un essere umano la lettura non è un bisogno primario. Possiamo veramente fare a meno di essere dei lettori? Certo che possiamo farne a meno, e infatti la maggioranza degli italiani ne fa tranquillamente a meno. Mi dispiace per loro. Ma li andremo a stanare.