Il ricordo è bendato

Uno dei bellissimi rumori che resta di Italo Calvino è un articolo scritto un anno prima della sua morte, il 26 giugno del 1984, si intitola Il ricordo è bendato. Un uomo sempre attentissimo, al concetto di totalità dell’esistere contrappone quello del non esistere.
Come possiamo dare evidenza al ricordo? Prima di tutto è necessario catturarlo e fissarlo alle impalcature della memoria grazie agli elementi che costruiscono una esperienza, cosí una porzione della propria esistenza è sistemata in una stanza. Sarà il ricordo a far affiorare gli oggetti fuori di posto “contenuto nei cassetti che sporge e trabocca, vestiti che invece di avvolgere i corpi giacciono abbandonati, mischiati, di un uomo e di una donna, e presuppongono corpi usciti dai loro involucri e che certo anch’essi giacciono da qualche parte, riconoscibili forse da un piede che sporge dritto come quello di un morto”.
Va da se che il ricordo, come sottolinea Calvino,  è uno sguardo che vede e non vede, è bendato, come il bambino nel gioco della mosca cieca, che avanza tastando lo spazio. Si muove nel tempo e in questo movimento non possiamo gestire un ricordo e dettare confini, ma lasciarlo vivere, si mostrerà seguendo le tracce  delle emozioni, “è sempre un affacciarsi dentro”. 
Un ricordo non va forzato nel manifestarsi, lui si scoprirà sempre d’un tratto e non va incalzato con delle domande altrimenti vi risponderà: “se volete percorrere la ripetizione di quello che credevate di sapere da sempre, non vi porterà a nulla. Lasciatemi compiere tutto il percorso della memoria verso qualcosa che conta, proprio perché è sempre nascosto in un angolo morto e si scorge soltanto ció che si puó indovinare da un’ombra proiettata su un muro, da un riflesso su un vetro, dal profilo controluce attraverso uno schermo”.