Il mare dell’oggettività

L’uomo nella massa precipita sotto il livello della propria coscienza, la paura lo spinge a uniformarsi e sacrifica la sua libertà creativa. Il disincanto di Italo Calvino manifestato con l’articolo titolato Il mare dell’oggettività  è chiaro e allarmante.  La perdita dell’io e la calata nel mare dell’oggettività indifferenziata è un fenomeno che si sviluppa in un periodo in cui l’uomo non ha fiducia in se stesso e nella possibilità di indirizzare il corso delle cose perché vede che le cose vanno avanti da sole, si sforza a comprendere e successivamente ad accettare. Molti sono gli scrittori a cui è stato caro questo tema, Sartre scrive che il “punto di vista è quello del magma”, per Pasternàk è la crisi dello spirito rivoluzionario, secondo Musil l’oggettività della ragione ci stringe in un assedio non meno letale dell’oggettività dell’assurdo.

Calvino nel romanzo Il barone rampante descrive i vari alberi che Cosimo sormonta e valica rispettando la singola individualità, è così che il suo disincanto sembra riassorbirsi, invita a rispettare le proprie peculiarità, invita alla scelta. “Si comincia ad attraversare come una folla di cinesi, tutti uguali e irriconoscibili, una marmellata umana spalmata sugli squallidi bordi della città: ma a un certo punto c’è l’attrito d’un pensiero, d’un sentimento, d’un affiorare di coscienza, d’una scelta che prende forma forzando la miseria dello strumento lessicale, elevendosi di qualche centimetro soltanto, ma raggiungendola attraverso questa via, dovrebb’essere coscienza vera, tagliente come una lama”.

Adoro questo articolo perchè il messaggio è forte: il senso della complessità ci spinge a schematizzare la realtà, quando ognuno di noi dovrebbe puntare allo scatto attivo e consapevole perché la realtà data spesso non coincide con i nostri desideri ma non possiamo sottrarci ad una volontà di contrasto.

Ph Rivista Il Paragone, 1960