L’idea di Quando sarai nel vento si accende quindici anni fa, mentre il lavoro di stesura ha richiesto sei anni. Gianfranco Di Fiore nasce in una famiglia di musicisti e lavora per il cinema, riversa la sua formazione nella scrittura, cura il ritmo della storia (montaggio) e la relazione tra gli elementi (partitura musicale). Solitamente l’autore, mentre corregge le pagine scritte, ascolta musica specifica che può essere legata al momento della storia, perchè gli suggerisce le immagini e gli offre direttive sul colore (inteso come sentimento) della scena. La spaziatura nelle pagine ci indica il cambio delle ambientazioni, perchè lo scrittore porta sempre con sè l’idea di quando la cinepresa stacca da una parte all’altra.
Abele è il protagonista di questa storia, un giovane uomo sofferente che sente il peso della solitudine a causa di trame che nella sua infanzia non si sono composte, si trasferisce sul Gran Sasso per svolgere il dottorato di ricerca in geologia. In questo posto dove la natura è incombente si occupa della rilevazione del vento, per questo motivo conosce Marlene una ragazza che si dedica al cinema e desidera girare un film sul vento. Insieme intraprendono un viaggio, il protagonista è spinto dalla necessità di cercare il padre. Dal Gran Sasso partono alla volta di New York, si spostano alla periferia di Parigi, fino a Buenos Aires. Il romanzo è suddiviso in quattro parti e ogni parte prende il nome di un colore, la vicenda è caratterizzata da una costellazione di personaggi come suggerisce la splendida copertina. I luoghi che descrive Di Fiore sono anche essi personaggi, generano significato, creano un immaginario nei colori e negli odori.
Sono tanti i temi toccati da questo romanzo: l’amore, la politica, l’importanza di conoscere la propria identità e il dolore. Quest’ultimo può essere una possibilità da utilizzare, se riuscissimo a considerare l’idea che non bisogna essere felici per forza. Una storia raccontata in 508 pagine sorprendenti perchè l’autore mette le mani in qualcosa di nuovo, prende le distanze da cose già conosciute, scrive la sua storia con una penna iperrealista con una tendenza (a mio avviso!) poco italiana. Un viaggio molto importante che ho apprezzato grazie ai tanti messaggi; il più importante? Non si può essere italiani senza tendere l’occhio verso tutto ciò che costituisce il nostro patrimonio.
GIANFRANCO DI FIORE
Quando sarai nel vento
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