Parigi

Ero un’adolescente quando ho aperto un romanzo di Victor Hugo uno degli uomini più celebri del suo tempo. Lui scrive per soddisfare l’incontenibile desiderio di tradurre le sensazioni  che lo colpiscono; a me piace per tutte quelle volte che coglie l’essenziale ed esprime quello che vede e sente in pochi centimetri di foglio, come mi piace nelle sue lunghe digressioni fatte di movimenti attenti. Pensavo di conoscere tutta la sua bibliografia quando due anni fa ho scoperto casualmente l’esistenza di un libro dal titolo Paris-Guide (1867) un testo che ho cercato in questo tempo e che è stato miracolosamente portato alla luce poche settimane fa dalla casa editrice toutcourt con il titolo Parigi. Un dono. Leggere Hugo significa amare la storia e se è uno scrittore che fa per voi non potete che procurarvi questo piccolo concentrato di bellezza pubblicato in lingua francese con la traduzione italiana a fronte: «L’anno 1866 è stato lo choc dei popoli, l’anno 1867 sarà il loro incontro. Gli incontri sono rivelazioni. Là dove c’è l’incontro, c’è intesa, attrazione, frizione, contatto fecondo e utile, risveglio delle iniziative, intersezione delle convergenze, richiamo delle deviazioni allo scopo; tale è l’eccellenza degli incontri».

Nel 1848 Hugo viene eletto, nella lista di destra, alle elezioni complementari di Parigi; nel 1849 viene eletto deputato, tra le file dei conservatori, all’Assemblea legislativa. La sua carriera politica sembra non subire arresti, ma se inizialmente aveva sostenuto in modo incondizionato la candidatura alla presidenza della repubblica di Luigi Napoleone Bonaparte, quando questi appena eletto, inizia a prendere provvedimenti anti liberali ne prende le distanze. La delusione di Hugo è grande, si sente tradito, sente che sta per essere distrutta la libertà del popolo francese, non gli rimane dunque che attaccare l’uomo che aveva sostenuto con scritti e discorsi, arrivando ad autosospendersi dall’Assemblea. Gli eventi politici precipitano poi con il colpo di stato del 1851 che vede il giovane Luigi Bonaparte dichiararsi imperatore col nome di Napoleone III, per Hugo non ci sarà altra salvezza se non la fuga e l’esilio, lascerà Parigi 11 dicembre di quell’anno e vi farà ritorno solo dopo vent’anni.

La nostalgia della sua città dovuta all’isolamento spinge lo scrittore a spalancare le porte della mente e da quell’altrove scrive della sua Parigi. Nella prefazione curata da Dario Pontuale si legge: «Nel 1867, invece, la osserva come un fenomeno oscuro e misterioso, fonte unica e incomparabile per ogni aspirazione universale, domandandosi: ‘Là c’è Parigi, e bisogna meditarci. Come si è formato questo capoluogo supremo?’ Una domanda  immensa che necessita di cavillosa fatica. Divide il testo in cinque parti concettuali: l’Avvenire, Il passato, Supremazia di Parigi, Funzione di Parigi, Dichiarazione di pace». È un piccolo gioiello senza tempo quest’opera previgente e appassionata che va oltre il furore creativo dello scrittore, del suo piacere semplice e profondo; plasma la sua immaginazione spendendo tutto il suo bagaglio di conoscenza. Tra le righe si percepiscono gli anni desolati dell’esilio, la sua inquietudine che si alterna ai momenti di fiducia, i suoi pensieri scritti si confondono tra la realtà e l’utopia; sogni legati ai ricordi che descrivono delle verità nascoste di una Parigi che ama perchè la conosce e accetta.

 

VICTOR HUGO
Parigi
ToutCourt