Niente di personale

Ho appena finito di leggere Niente di personale ultimo romanzo scritto da Roberto Cotroneo, scrittore, giornalista e fotografo. L’autore si intreccia con il personaggio principale di una storia che è ambientata nella Roma degli anni ottanta, dove un giornalista si trasferisce per svolgere il proprio mestiere in una importante testata giornalistica, L’Espresso, in zona Via Po. Scritto in quattro anni, il romanzo doveva intitolarsi Roma e inizia con una citazione che conclude il film La grande bellezza di Paolo Sorrentino, c’è il passaggio del testimone con queste parole: «È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore, il silenzio e il sentimento, l’emozione e la paura, gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza, e poi lo squallore disgraziato dell’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Altrove c’è l’altrove, io non mi occupo dell’altrove, dunque che questo romanzo abbia inizio. In fondo è solo un trucco. Sì, è solo un trucco».

Non è un libro nostalgico, cerca invece con impegno di fare il punto su quello che siamo diventati, in un paese che attualmente fa molta fatica a conservare e proteggere la propria memoria. Senza memoria possiamo aspirare ad un futuro? No. Infatti siamo contestualizzati in un presente dispersivo, dove solo casualmente e per qualche minuto parliamo di futuro che ci limitiamo a sfoggiare, senza ancorarlo ad un valore che arriva da un passato che siamo incapaci di maneggiare. Quattrocento pagine capaci di raccontare i cambiamenti solidi, come il tempo che diventa talmente veloce da infastidire l’attitudine dell’uomo nel praticare i ricordi, oppure aver accantonato la curiosità tra le persone. Questa è un’epoca che ci chiede continuamente l’autobiografia e siamo sempre noi a riferire il nostro IO, ma è sempre meno raccontato da altri.

Niente di personale è un temporale, un modo di raccontare, dove ognuno troverà un pezzetto di sé. Non è un romanzo che si legge ovunque, espone cose diverse è pieno di digressioni, ha bisogno di spazio e chiede al lettore di fermarsi. Un attimo e la questione si fa politica, poi giornalistica, torna indietro ed è antropologica e spesso letteraria; come nell’ultimo capitolo dove le considerazioni in merito alla letteratura sono significative e profonde, tanto da restituirci la possibilità di prenderci cura dei pensieri. Tra queste pagine (cito Cotroneo) non c’è bisogno di affannarsi per ritrovare un cammino. «Le persone non sanno vedere più niente del mondo vago a cui dovremo abituarci, e si illudono di avere tutto nitido davanti a loro: anche le idee, anche l’amore, anche la passione. È una forma di filosofia dell’evidenza, è una forma di follia».

 

ROBERTO COTRONEO
Niente di personale
La nave di Teseo