Michele Prisco nasce a Torre Annunziata il 18 gennaio del 1920, laureato in legge e proveniente da una famiglia di giuristi, decide di dedicare la sua vita alla letteratura; nel 1949 pubblica La provincia addormentata comincia così la sua appartenenza alle parole, «E un libro era un libro e non, come spesso oggi sta diventando, un prodotto, opera non più di uno scrittore ma di un abile piazzista di cattiva e sbrigativa lettura stagionale, che strizza l’occhio alle mode e apposta intorbida le acque.» Questa citazione l’ho tratta da una straordinaria pubblicazione curata da Simone Gambacorta che s’intitola Appartenere alle parole e permette di disseppellire Michele Prisco; si divide in due parti, la prima vede una raccolta di interviste fatte allo scrittore, mentre la seconda parte raccoglie quattro scritti di suo pugno, qui Prisco si fa presenza!
Questo lavoro intenso è un viaggio che il lettore appassionato di introspezione e stile letterario deve concedersi in quanto Prisco, per intrecciare la storia, oltre a fare delle peripezie dell’Io si relaziona con le parole in modo estremo perchè ripone nello stile grande importanza. Lo stesso scrittore dichiara che finito un romanzo sente l’esigenza di distaccarsi, tanto è l’impegno che ha assorbito ogni spazio immaginativo. Libera le storie riuscendo quasi sempre a dare alla sua ricerca espressiva anche una tonalità sonora, ecco perchè affida alla parola il compito di scoprire le contraddizioni ambigue dell’animo. Nel 1966 vince il Premio Strega con Una spirale di nebbia, pubblicazione che celebra il gran ritorno dello scrittore al romanzo ed in questo preciso momento viene a maturazione lo studio capillare dei complessi rapporti tra gli uomini. Il mio romanzo preferito è stato pubblicato nel 1984 Lo specchio cieco (un titolo più bello dell’altro!). Continua la sua ricerca di autenticità con una penna che pone domande inquietanti perchè c’è sempre un interesse ossia quello di esaminare attraverso il ragionamento, e in questo caso costruisce, secondo il mio umile parere, uno dei personaggi femminili più belli della narrativa italiana, Margherita Attanasio.
Simone Gambacorta ci dona un lavoro certosino (dopo essere entrato in contatto con la figlia Annella Prisco) utile a comprendere fino in fondo cosa significa “animale narrativo”, accende una luce su uno scrittore di cui bisognerebbe parlare più spesso. Una elaborazione dettata dall’intuito che contiene tante curiosità, ma è anche una lettura che ci sottopone a momenti di libertà. Personalmente ho trovato interessante il secondo scritto, Il romanzo italiano contemporaneo dove è approfondito il ruolo del romanzo che non è legato solo ad un atto creativo, ma è considerato un vero e proprio strumento, utile ad accedere alla conoscenza; insomma con Michele Prisco nulla trascende dalla responsabilità. «Sono sempre stato convinto che occorre solo dare tempo al tempo, per finire col commettere anche noi gli errori deplorati negli altri: ho tante volte criticato gli scrittori che consegnavano al pubblico le loro vicende private, ed ecco che ci casco anch’io e sono qui, a compiere l’atto impudico o diciamo meno riservato della mia vita: quello di parlare di me stesso.»
APPARTENERE ALLE PAROLE
a cura di Simone Gambacorta
Galaad Edizioni