A Diosa è il titolo di una famosa poesia sarda, scritta a due voci, un amato che scrive alla propria amata, lei che risponderà a lui, a Diosu. Questa poesia segna una traiettoria invisibile nel romanzo scritto da Angelo Deiana, utile a guidare il lettore tra le pagine di A Diosa. La leggenda di Nenè. Damiano è un giornalista precario, inviato in Sardegna dal direttore del settimanale per il quale lavora, scrive un reportage mentre osserva lo spopolamento dei piccoli paesi. In questo viaggio scoprirà di portare addosso delle origini sconosciute e si riempirà di ricordi impossibili e di una passione mai cresciuta con lui, a differenza del padre, quella per il calcio. Pagina dopo pagina, Damiano diventa il protagonista della sua storia, mentre risale la Sardegna fino alla fine degli anni sessanta. Una terra desolata che tra il 1969 e il 1970 improvvisamente è colpita da un avvenire, quando la squadra del Cagliari vince lo scudetto. Una pagina calcistica straordinaria, una cavalcata sportiva collettiva, una squadra di giocatori non sardi che scelsero il loro posto nel mondo. Il romanzo comincia con un mantra che fa così, «Albertosi, Martiradonna, Zignoli, Cera, Niccolai, Tomasini, Domenghini, Nenè, Gori, Greatti, Riva», ma il calcio è solo il retrogusto di una storia che invece ha il gusto della leggenda che solo la lettura porterà a capire.
Nenè appare ogni tanto, ma costruisce ponti tra le dinamiche degli avvenimenti, come è riuscito a fare nella sua vita, perché era un uomo che guardava in fondo a qualsiasi oggi, scandiva i minuti con il sudore, nulla aveva e tutto dava, univa e non divideva fino a spendere tutta la sua saudade per restare a Cagliari. Dopo mezzo secolo da quell’unico scudetto vinto, Angelo Deiana ci restituisce la scelta di una idea, che arriva anche dalle sue di origini, dalla necessità di incontrare luoghi che si porta dentro per restituirli, anche a chi li conosce come un colore sfumato. Sono entrata in un libro ma anche in un gioco vivo, solidale, costituito da una rivalsa utile a rilanciare quel senso di giustizia, forte come una poesia. La scrittura si lascia voler bene, mentre l’autore rincorre un senso di gratitudine. Leggere questo romanzo mi ha restituito un sentire: «Io cercai Nenè, ma non riuscimmo a parlare granchè, anche lui si fece travolgere dalla festa: batteva le posate sui bicchieri e improvvisava la samba, ballava, abbracciava tutti. Se penso a cosa sia la felicità, me la immagino così: Nenè che ride in quella sera, con i suoi denti bianchi e gli occhi accesi…»
ANGELO DEIANA
A Diosa. La leggenda di Nenè
L’Erudita