Daniele Del Giudice è nato a Roma nel 1949, lo scopre Italo Calvino agli inizi degli anni ottanta quando esordisce con Lo stadio di Wimbledon, seguono Atlantide Occidentale e una serie di opere letterarie che ritirano molti premi e tutte pubblicate da Einaudi. Tra questi i racconti straordinari intitolati Staccando l’ombra da terra dedicati alla passione per il volo e per le macchine. Del Giudice è stato un regalo, nel vero senso della parola, ho ricevuto una raccolta dei suoi racconti così ho cominciato a scoprire la sua scrittura che non conosce timore, per questo è il nuovo che avanza, mentre sente la vita. Mi domando dove ero, mentre leggo un racconto come L’orecchio assoluto, oppure Unreported inbound Palermo per cui si è ispirato al suo amatissimo Conrad, dopo aver letto un saggio scritto nel 1922, Fuori della letteratura. Lui come Conrad ci parla della responsabilità di un navigante dove risiede la completa esattezza.
Ho appena finito di leggere In questa luce, ancora una volta tiene in manutenzione ogni singola parola, mentre ci parla di ‘mania’ intesa in mille modi, il demone che sconvolge la mente, una particolare forma di concentrazione, una forma estrema del conoscere, è mania rincorrere il proprio destino. È un libro che non perdona, lui non perdona mai i suoi lettori, è il modo che attua per vivere, o almeno fino a quando ha potuto. Oggi vive a Venezia, in un posto molto bello ma lui non lo sa, la sua malattia si chiama Alzheimer. Forse sta volando e noi non lo sappiamo. Sicuramente il patrimonio di carta che vi invito a scoprire è significativo perchè con i suoi libri comprendiamo la fantasia e passa quella paura, che il vivere possa perdersi. Oggi questo grande scrittore vive in un senso di niente ma è riuscito a dire che ci sono uomini che mentre hanno paura di non prendere un treno, in realtà perdono un volo. Forse vivrà in dei momenti in cui non ha luce ma Daniele Del Giudice sentirà quel vento spostato dall’emozione che produce ogni lettore mentre legge un suo libro: «chissà perchè ti racconto queste cose di me. Non mi ricordo se te le ho dette. Quante cose non ti ho detto di me. E quante cose non ti ho chiesto di te. Avrei dovuto dirti, per esempio, quanto mi piace e dispiace questo mestiere, che non è un mestiere. Ne parleremo in un altro amore. Nel frattempo che sollievo, riconoscersi finalmente fragili.»