Luca Nannipieri è un critico e storico dell’arte onesto, perchè conduce il suo mestiere con passione e perchè medita per realizzare un cambiamento. Ci invita a vivere il più possibile in un mondo di bellezza e non di miseria anche per questo motivo ha fondato Casa Nannipieri Arte, una casa d’arte in provincia di Pisa. Finito di leggere Raffaello. Il trionfo della ragione, piccolo gioiellino, ho chiesto all’autore di raccontarci questa esperienza di scrittura dove lo stile ci restituisce la contemporaneità di Raffaello, nella convinzione che l’arte mette a fuoco la vita.
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Il critico d’arte è un mestiere complicatissimo, bisogna essere spesso all’altezza di grandi sfide. Luca Nannipieri come è diventato un critico d’arte?
Sono diventato critico d’arte corteggiando le ragazze al liceo. Non ero bello, non ballavo, non andavo in palestra. Però, da una gita scolastica a Praga, mi resi conto che ero più seguito del mio professore di storia dell’arte quando spiegavo alle ragazze (e a quella con gli occhi mediorientali che amavo segretamente senza esserne ricambiato) i capolavori dei musei di Praga. Da allora ho intuito che l’arte potesse essere uno speciale strumento non solo per provare a sedurre, ma per capire. Se non avessi intuito la capacità seduttiva dell’arte e di chi ne parla, quella particolare alchimia tra conoscenza, erudizione, prosopopea e testosterone, che inevitabilmente si genera tra il maestro e il discepolo, il maestro e chi ascolta, molto probabilmente avrei fatto l’impiegato in ufficio. Il desiderio è la più tumultuosa delle porte di accesso alla conoscenza. Il desiderio, per primo, poi, la volontà di potenza. - Ad onorare i 500 anni dalla morte dell’artista urbinate (1520-2020), una importantissima pubblicazione che porta la tua firma: Raffaello. Il trionfo della ragione. Perché la scelta di questo titolo?
Il mio titolo è icastico: Raffaello. Punto. Il sottotitolo, per questioni comprensibilmente commerciali, è decisione dell’editore. Sicuramente Raffaello, come scrivo nel saggio, testimonia, in alcune sue opere, la conquista del Rinascimento, o ciò che chiamiamo così. L’uomo è padrone dello spazio, ha il potere, la creatività, la sapienza, l’equilibrio, l’orgoglio per trasformare la natura in un ambiente “dominato” dove la sua capacità d’ideazione, di progettazione, di armonia, di possenza, viene testimoniata ed esaltata. L’uomo è forza, è actio mentis, è azione motrice della mente. L’orizzonte sconfinato viene controbilanciato da uno spazio che l’uomo vuole governare interamente.
- Qual è il rapporto di Raffaello con gli altri talenti del suo tempo?
Raffaello si forma nella bottega del Perugino, come del resto il Perugino si istruì da Piero della Francesca, Giotto e Duccio impararono da Cimabue, Leonardo da Vinci fu apprendista dal Verrocchio, Benozzo Gozzoli dal Beato Angelico, il Bronzino dal Pontormo, Michelangelo dal Ghirlandaio, Tiziano dal Bellini. Non esiste il pittore isolato e geniale che vive d’ispirazione tra i campi fioriti. Le botteghe degli “artefici del disegno”, dei “maestri di prospettiva”, come si chiamavano allora gli artisti, erano luoghi di lavoro continuo, produttori su ordinazione di oggetti utili richiesti e commissionati da aristocratici, ordini religiosi e confraternite, erano fucine di buoni artigiani ben specializzati e in molti casi puntuali, senza procrastinazioni nella consegna dei lavori commissionati. Nelle diverse botteghe potevi trovare o incaricare la realizzazione di mobili, immagini sacre, immagini mitologiche, armi, costumi, sculture, oggetti intarsiati o intagliati: erano centri economico-commerciali vitali nelle dinamiche di una città.
- Qual è il messaggio più importante che hai affidato a questa pubblicazione e che ti auguri arrivi al lettore?
Nei pittori dei secoli precedenti o prossimamente antecedenti era evidente l’utilizzo dello spazio architettonico come pura ambientazione, come scena, fondale anche se glorioso. L’uomo acquisisce identità e solennità nell’atto della sfida a Dio con la ragione, sia essa una ragione speculativa, quella dei filosofi, o una ragione architettonica e urbanistica di dominio dell’ambiente, di antropizzazione dello spazio naturale. L’uomo compete con Dio nell’atto del dominio dell’esistente. Quando il pittore e teorico Anton Raphael Mengs scriveva di Raffaello che «le sue sono bellezze della ragione e non degli occhi, onde non sono sentite subito dalla vista, ma soltanto allorché abbiano penetrato nell’intelletto», intendeva aprire la strada a quanto stiamo affermando: Raffaello, con intuito profetico, comprese che la svolta del suo tempo, che i secoli successivi matureranno a dovere, è rappresentata dall’idea dell’uomo che diventa arbitro e gestore di sé stesso, tramite l’intelletto che lo rende agonistico con il Creatore.
- La domanda di rito per un blog che desidera promuovere la lettura. Nella vita di un essere umano la lettura non è un bisogno primario. Possiamo veramente fare a meno di essere dei lettori?
Non si nasce lettori, ci si educa. A mia nonna, quando era bambina, dicevano: “Macché scuola, vai a badare le cavalle”. Se ora i bambini si mandano a scuola, gli si compra o regala i libri, non è perché debbano prendere la laurea, ma perché anzitutto, a distanza di un secolo, abbiamo riconosciuto che è più utile far leggere e studiare i libri ai bambini piuttosto che tenerli a badare le cavalle. I bambini poi diventano adulti e, se sono motivati a frequentare i libri, quell’occupazione quotidiana e solitaria che si chiama lettura acuisce il loro pensiero critico, e il pensiero critico, ovvero essere il più possibile attenti e consapevoli, è un’arma che l’intelletto toglie di mano alla stoltezza e all’approssimazione, per farla diventare motore agente, attivo, partecipe di fronte alle grandi questioni aperte della vita.
Foto di Luigi Polito