Acqueforti di Buenos Aires

Ringrazio Sandro Bonvissuto che mi ha consigliato di leggere Acqueforti di Buenos Aires dicendomi: «se ti attacchi al libro te lo bevi, quando lo cominci, lo finisci». Infatti è andata così!

Il nome del suo autore è Roberto Arlt, un uomo che nasce a Buenos Aires il 26 aprile del 1900, suo padre era nato in Prussia e la madre era una appassionata di scienze occulte e astrologia, la sua vita cambiò repentinamente quando il padre, con il quale aveva un pessimo rapporto, lo cacciò di casa. Nel 1918 scrive il suo primo racconto e due anni più tardi il primo saggio, solo nel 1925 conclude di scrivere il primo romanzo per poi mettersi alla ricerca di una casa editrice intenzionata a pubblicarlo. A 28 anni ottenne un posto stabile da giornalista con uno stipendio fisso ma per Arlt la vera scrittura è quella della finzione. Si diceva che scriveva male, una volta lui stesso disse che forse scriveva male, ma aggiunse che quando ci si prefigge di scrivere bene o male diamo una dimensione morale alla letteratura, invece la letteratura per lui è virtù e lo dimostra facendone uno spazio dove costruire i suoi luoghi, spesso maledetti, ancorati alla propria maniera di essere uno scrittore. In verità non scrive male, semplicemente non ha voluto seguire una norma linguistica perchè come ogni scrittore povero ha sempre letto tutto quello che gli passava tra le mani.

Un libro imperdibile, composto da articoli che nel 1933 uscivano ogni giovedì per El Mundo ed ebbero un grandioso successo di pubblico. Ciò che si raccoglie in questa preziosa pubblicazione sono delle immagini e percezioni della metamorfosi della capitale argentina; il titolo è un sincero richiamo del lettore che scoprirà Buenos Aires attraverso la consapevolezza e la lucidità di chi incide un foglio con la sua penna, come fa Rembrandt con le sue acqueforti. Descrizioni che non restituiscono delle cartoline turistiche ma un mondo di personaggi che Arlt mette in scena con “dolorosa felicità” e situazioni che fanno della città un corpo vivo. Ogni pagina è una resa perfetta indiretta, come una acquaforte, ogni articolo restituisce la patente per accedere a un sogno dimenticato. Il suo stile si alimenta di una continua compensazione, ripaga la sua carenza materiale con la ricchezza simbolica, forse perchè è un uomo che non ha avuto una biblioteca personale e poi è stato a lungo senza una casa; decide di restituirsi a volte eccessivo, altre volte esagerato, però la sua determinazione mi ha reso dipendente dalla sua scrittura, la risolutezza che appartiene solo ad un uomo svincolato. Arlt ha dimostrato (ammesso che ci sia qualcosa che dobbiamo dimostrare!) che una vocale con tre semplici consonanti possono identificare uno scrittore immenso.

La sua scrittura romanzesca appartiene a chi capta le domande giuste per restituire solo riflessioni potenti, spesso in merito a quello che è un individuo, quello che vuole essere, quello che potrebbe diventare. «Infine, non so se perchè era lunedì, o perchè la gente ha trovato altri luoghi per distrarsi, ma il Giardino Botanico offriva uno spettacolo di desolazione tremenda e l’unica nobiltà era quella degli alberi…Gli alberi che invecchiano e si allontanano dagli uomini per abbracciare il cielo».

ROBERTO ARLT
Acqueforti di Buenos Aires
Del Vecchio Editore