«Uno scrittore deve avere il coraggio di andare là dove ha nuovamente paura, là dove nessuno lo aspetta, là dove il presente non esiste, il passato è minaccioso e il futuro…ah! il futuro così ben conosciuto!»
Bohumil Hrabal
Quando sentite il nome Bohumail Hrabal di certo avete a che fare con uno scrittore di nazionalità ceca, il maggiore della seconda metà del novecento. Riesce a pubblicare il suo primo libro quando aveva 49 anni, era il 1963, un uomo maturo per un esordio narrativo, purtroppo fu sfortunato con l’editoria. Il primo tentativo di pubblicazione risale al 1948 quando, dopo aver preparato la sua raccolta di poesie che s’intitolava La stradina perduta, la consegnò alla tipografia che non riuscì a stampare perchè fu chiusa a causa della nazionalizzazione comunista. Ad Hrabal rimasero le bozze e il libro sarà pubblicato solo nel 1991. Mentre il secondo tentativo risale al 1959 quando aveva appena ultimato di scrivere L’allodola sul filo, una raccolta di sette racconti molto divertenti consegnati alla stessa casa editrice che pubblicò il libro I vigliacchi di Josef Škvorecký. Il libro di Škvorecký fece scoppiare uno scandalo, molti redattori vennero licenziati e la crisi della casa editrice fu inevitabile, per questo motivo provvidero a restituire le bozze del libro, che era in attesa di essere pubblicato, ad Hrabal. Dopo la guerra, con una laurea in legge, fece l’operaio alle acciaierie mentre cercava spesso rifugio nella scrittura e nella solitudine, infatti in un appunto scrive: «il massimo dolore creativo cerca il minimo contatto». Arriva l’esordio con il romanzo La perlina sul fondo, in Cecoslovacchia è l’autore più letto, i suoi libri restano in libreria per poche ore.
Alla fine degli anni sessanta a causa di alcuni contenuti politici nei suoi scritti verrà emarginato, escluso dai mezzi di comunicazione, in tv e alla radio, e Compiti per casa una antologia di interviste e scritti occasionali fu mandata al macero. Il nome di Hrabal era scomparso dalle librerie e dalla vita culturale ufficiale di quegli anni grigi, ben caratterizzati dalla definizione di “normalizzazione”. Non penserà mai ad emigrare, lasciare la sua terra, anzi, l’impossibilità di pubblicare fa rinascere il bisogno di mettersi davanti alla macchina da scrivere e spostare la sua poetica verso il passato.
La scrittura di Hrabal è coraggiosa perchè scrive la realtà elevandola, cerca di scoprire elementi mitici nella verità scomoda. Come un vero poeta è un giocatore di metafore, utilizza un linguaggio che attinge al parlato, la sua scrittura diventa corposa ed è basata sulla struttura del racconto prima che sulla scelta dei suoni, prodotti dalle parole. Amo l’ironia nei titoli dei suoi libri: La perlina sul fondo, Ho servito il Re d’Inghilterra, Una solitudine troppo rumorosa, Un tenero barbaro, Spazi vuoti, Lezioni di ballo per anziani e progrediti. Ho appena concluso la lettura La cittadina dove il tempo si è fermato, non si può ignorare questo scrittore, dotato di una capacità di scrittura su cui è superfluo ogni commento:
«Tornando da scuola mi piaceva fare un salto alla banchina dove stavano i barconi con la sabbia, le barche da cui uscivano delle passarelle che i renaioli percorrevano trasportando con le carriole la sabbia bagnata tolta da enormi mucchi, con le pale la caricavano con leggerezza, sembrava che sollevassero una lieve nuvola friabile, che brillava al sole, perchè ogni piccola pepita di sabbia giocava con i colori dell’arcobaleno. […] i renaioli ridevano e io guardavo i loro toraci nudi, ogni renaiolo aveva àncore e signorine tatuate sulle braccia, e uno di loro mi affascinò, sul petto aveva una barchetta, una piccola barca a vela, la guardavo e mi si riempivano gli occhi di lacrime, non è che piangessi, avevo capito, avevo coscienza del fatto che dovevo farmi tatuare anch’io una barchetta così sul petto, che senza una barchetta non potevo vivere, che quella barchetta doveva dare calore che era l’emblema dell’anima, e che anche io l’avrei avuta».
(Tratto dal romanzo La cittadina dove il tempo si è fermato)