Il male oscuro

Nel 1964 Giuseppe Berto consegna ai lettori Il male oscuro il suo primo capolavoro. La prima stesura fu scritta in due mesi mentre si trovava a Capo Vaticano, il titolo è una espressione utilizzata da Carlo Emilio Gadda nel libro La cognizione del dolore. Berto offre la personale esperienza per descrivere una nevrosi di angoscia. Lo scrittore confida «quando sono in preda dell’angoscia non riesco a vedere nessun altro al di fuori di me, ogni forma di altruismo è bandita». La malattia dell’anima e del corpo, il rapporto con il male e con la morte, il senso di colpa, sono i temi ricorrenti in questo flusso di coscienza. Con il meccanismo teatrale racconta di sè in maniera affascinante, anche se il suo obiettivo non è quello di scrivere una autobiografia. Dal momento che ho ricevuto il consiglio di leggere il libro alla fase in cui ho cominciato è trascorso del tempo, qualcosa mi faceva paura ma l’esigenza è stata la cura.

Questo libro è uno dei doni letterari più belli del secondo Novecento dove il ritratto morale dell’uomo inizia da una visione pessimista, ossia che il mondo è dominato da un male universale contro il quale l’uomo lotta ma senza un finale perchè è già scritto. Tra queste pagine Berto ci dedica una riflessione importante, la capacità umana non risiede nella sconfitta del male ma nel non soccombere, riuscire ad affermare la propria dignità «arrivare vivi a quel punto». Il male oscuro ci mette alla prova, ci colloca di fronte a noi stessi, obbligandoci a cercare coraggio perchè dall’esito di questa prova affiorano le qualità di cui siamo portatori. Ho compreso che c’è un limite oltre il quale le teorie svaniscono, dove si finisce di interpretare, perchè la nostra condizione interiore fa svanire il comune con gli altri. Un racconto carico di una certa quantità di dolore, dove Berto a volte rende comico lo scontro tra il destino e la propria esistenza.  Lo stile può apparire faticoso, ma fare i conti con il malessere è l’unico percorso che fa scoprire quanto è forte l’animo umano.

In quattrocento pagine bisogna riuscire a spingersi fino in fondo alla propria coscienza senza preconcetti e neanche divieti,  dove il segreto per uscirne vivi sembra essere quello di aspirare alla gloria «se credi in qualcosa devi portarla avanti nonostante tutto». Ho visto uno scrittore romantico con un profondo rigore letterario, dove i personaggi non sono rappresentati da classi o da ruoli, ma individui che pendolano tra l’incertezza e la forza di volontà. Ognuno cercherà la propria strada, ognuno riconoscerà la propria fortuna, l’individuo di Berto rivendica la grandezza dell’arte che non la considera come una medicina dell’anima, ma un valore.

 

GIUSEPPE BERTO
Il male oscuro
Neri Pozza