Fëdor Michajlovič Dostoevskij 1821-2021

Fëdor Michajlovič Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821, suo padre è un medico militare dal carattere duro che lo indirizza alla scuola del genio militare di Pietroburgo. Appena adolescente rimane orfano della madre, di seguito perde anche il padre, forse ucciso dai contadini che lavorano alle sue terre, questi traumi sono probabilmente alla base degli episodi di epilessia che segneranno tutta la sua vita. L’autore presto dimostrerà di avere una predilizione verso la letteratura e dopo essersi laureto in ingegneria, all’età di venticinque anni, pubblica i suoi primi romanzi, Povera gente e Il sosia. Sono gli anni che frequenta un circolo letterario socialista e per questo nel 1849 è condannato a morte. La pena viene commutata in prossimità della fucilazione in quattro anni di lavori forzati in Siberia, da questa drammatica esperienza maturerà Memoria da una casa di morti. Al termine della reclusione lo scrittore convola a prime nozze e rientrato a Pietroburgo si dedica intensamente alla sua produzione letteraria. Nel 1862 pubblica Umiliati e offesi e pochi anni dopo Memorie dal sottosuolo che racconta le vicende di un giovane emarginato. Nel 1866 vede la luce il romanzo Delitto e castigo. In seguito alla morte della moglie conosce una stenografa che collabora alla stesura del romanzo Il giocatore, dedicato alla malattia del gioco di cui lui stesso è vittima. Nel 1867 sposa Anna la sua stenografa, e con lei intraprende un lungo viaggio in Europa. Negli anni vissuti all’estero compone L’Idiota e I demoni. Rientrato in Russia si dedica alla stesura del romanzo I fratelli Karamazov che vede la luce nel 1879. Il progetto di un seguito dell’opera è strocato dalla repentina morte dello scrittore avvenuta a Pietroburgo 28 gennaio del 1881.

Ho contemplato per anni i romanzi di Dostoevskij perchè nello spazio delle sue storie ho trovato continue occasioni di crescita e poi è difficilissimo ricordarsi i nomi dei personaggi, così ho compreso fin dall’inizio che sarebbe stata una sfida. Lo scrittore sembra inventare il realismo, una forma di bellezza mai osservata prima. Ho capito che essere scrittori significa avere intuizione, ma partendo dal proprio inferno e non osservare quello degli altri, l’inizio di Fëdor Michajlovič Dostoevskij è “come sono”, il punto dove comincia la stesura e scavando nella coscienza restituisce l’anima delle sue storie. Ha scelto di non nascondere nulla dell’umano, inferno e paradiso, fango e cielo, mentre il lettore abita i suoi romanzi, restandoci a lungo. Le sue narrazioni innescano spesso il desiderio di avere un sogno più grande rispetto a quello che pensavamo essere utile per sentirci completi. Leggere fortunatamente diventa faticoso, quella difficoltà ci rivela qualcosa di importante, Dostoevskij ci mette in crisi, mentre ci costringe a prendere atto della stratificazione umana, capiamo che essere confusi è normale, a volte è intelligente perchè l’uomo è polifonico e tra le pagine lui armonizza le tante voci che ci portiamo dentro.

«La ragione non è che la ragione e non soddisfa che la facoltà raziocinativa dell’uomo, mentre il volere è una manifestazione di tutta la vita, cioè di tutta la vita umana, con la ragione e con tutti i pruriti.»