- Se dovessi raccontarti per spiegare chi sei, cosa diresti?
Sono varie le mansioni che svolgo all’interno della Neo Edizioni. Andando al succo, però, quelle che amo svolgere e che più mi rappresentano sono essenzialmente due. Prima di tutto, mi vedo come scout letterario. Trovare un manoscritto che reputo degno di pubblicazione genera, in me, un profondo senso di beatitudine. Al brivido della scoperta, poi, segue il lavoro pratico, certosino, che si riassume generalmente nel concetto di editing. Quindi, in due parole: sono un rabdomante e un meccanico della parola. Convivono in me questi due aspetti diametralmente opposti. Da una parte, la ricerca; dall’altra, la realizzazione.
- Che cosa ti piace e cosa ti disturba nel tuo mestiere?
Mi piace il momento creativo, lo slancio, la grandezza dell’obiettivo cui tendere. Di contro, mi annoiano tutti i meccanismi concreti (soprattutto burocratici) che bisogna assecondare perché l’obiettivo che hai immaginato, infine, si realizzi.
- Se dovessi cambiare, quale professione faresti?
Un mestiere manuale. Qualcosa di molto fattivo. Possibilmente, un lavoro che mi permetta ‒ a fine giornata ‒ di vedere riassunto in qualcosa di tangibile tutto l’impegno che ho profuso. Mi viene in mente il vasaio. Però, anche lo scalpellino. Al limite, il milionario.
- C’è una nuova pubblicazione nella quale credi e di cui desideri parlare?
Mi allargo un po’ e me ne incenso un paio. La prima è La carne di Cristò: un romanzo a cui teniamo tantissimo in casa editrice. Il plot è inattaccabile, cinematografico. Per la commistione di generi e la qualità letteraria siamo convinti che sia un unicum nel panorama letterario italiano. Un romanzo immaginifico, metafisico, filosofico e, nonostante questo, scorrevolissimo. Lo vedremmo bene in una produzione della vecchia HBO. Il secondo è Beati gli inquieti di Stefano Redaelli. Il romanzo ‒ candidato ai premi Strega, Campiello, Napoli, Flaiano e Comisso ‒ è un elogio alla follia e alla libertà dei matti. Il protagonista si finge pazzo e si fa rinchiudere in una struttura psichiatrica per studiare i pazienti con l’obiettivo di scrivere un libro su di loro. Una lettura intensa, ironica, spiazzante, commovente, per certi versi politica. Pura poesia.
- Domanda di rito: nella vita di un essere umano la lettura non è un bisogno primario . Possiamo veramente fare a meno di essere dei lettori?
Assolutamente sì. Non è un’attività necessaria. Il tempo libero è il bene più prezioso che abbiamo in questo periodo storico concitato e ognuno deve poterlo impiegare nel modo più soddisfacente. Ecco perché la lettura dev’essere di alta qualità: perché se ne può benissimo fare a meno.