Nella mitologia greca le ninfe erano divinità dalle sembianze femminili che abitavano nei boschi e presso le fonti d’acqua, con la loro arte erotica ammaliavano i pastori, congiungendosi con loro potevano diventare umane e persino avere una prole; a loro volta, erano vittima della brama sessuale dei satiri, gli esseri mitologici dotati di un esuberante vigore sessuale. Nel film dei fratelli D’Innocenzo Favolacce (2020) e America Latina (2021) ci sono molti riferimenti al mito delle Naiadi, le ninfe d’acqua dolce. Le Naiadi rappresentavano gli effetti benefici dell’acqua di fonte, ma se la fonte è malata, stagnante, putrida, se questo connubio con l’elemento naturale è corrotto, allora avremo i bambini che fuggono dalle ninfette assatanate in Favolacce e il satiro impazzito in America Latina.
Favolacce racconta la vicenda di alcuni studenti di scuola media inferiore che vengono istigati da un insegnante a suicidarsi. Le compagne di scuola, le piccole Naiadi, tentano di trascinare i compagni in una precoce iniziazione sessuale, di condurli sulla soglia di un mondo adulto squallido e violento, ma questi scelgono la via della morte. L’acqua è l’elemento dominante nel film. Le piccole Naiadi entrano in scena con una pioggia di gavettoni. Le vediamo emergere dalla fonte, la piscina gonfiabile del giardino di Bruno Placido (il personaggio interpretato da Elio Germano). Bruno Placido rappresenta l’ex pastore incantato e abbandonato dalle ninfe, bloccato in un’eterna adolescenza, insicuro, fragile, incapace di svolgere il ruolo di genitore (vedi la scena del figlio con il boccone di traverso). Lo vediamo nuotare da solo, di notte, nella fonte-piscina. Non sente più la voce delle ninfe, le vede uscire dalla sua piscina gonfiabile, dalla sua fonte ricreata, pronte ad irretire suo figlio e i suoi amici e non tollera di non essere più lui l’oggetto delle loro mire, perciò distrugge la fonte meravigliosa, per uccidere (prosciugandolo) il mito che lo ha abbandonato.
America Latina racconta la schizofrenia di un uomo che vive come se fosse reale il desiderio di aver una famiglia normale e rimuove il fatto di aver rapito una bambina. Per Massimo Sisti (il protagonista interpretato da Elio Germano), l’allucinazione (l’America) e la realtà (la città di Latina) sono due sfere non separabili. I due livelli della casa-psiche (il sopra e il sotto) non sono separati: in una sequenza, i piedi scalzi e bagnati delle ninfe consolatrici (la moglie e le figlie) rivelano che sono scese in cantina, che hanno una complicità con la ninfa prigioniera. Nel finale, la campagna di Latina, la vita reale con cui confrontarsi, viene espulsa all’esterno del carcere, l’uomo sceglie di restare nell’America allucinatoria, la reclusione mentale diviene anche fisica e le Naiadi ricompaiono in cella a ricomporre il sogno della famiglia borghese. I Fratelli D’Innocenzo rileggono il mito delle ninfe d’acqua dolce, questa volta intente a circuire un satiro ridotto all’impotenza. Nella locandina del film è evidente il richiamo alle vesti bianche, eteree, di queste creature mitiche, così come le conosciamo dall’iconografia vittoriana. Attraverso una rilettura del mito delle ninfe e una riscrittura della favola, i fratelli D’Innocenzo raccontano le criticità legate alla sessualità e al modello familiare nella società contemporanea. Favolacce mette in scena i traumi di una fascia preadolescenziale precocemente sessualizzata, America Latina la repressione delle pulsioni, l’impotenza, il disperato bisogno di aderire ad un modello sociale. In entrambi i film, le ninfe hanno un ruolo ambiguo, prospettano la salvezza, ma la realizzano nella morte e nella follia.
Francesco Patrizi