In una soleggiata giornata di maggio incontro Ciro De Caro, regista e sceneggiatore; ci scambiamo pensieri e riflessioni in libertà di fronte ad un caffè. Chiedo a Ciro una intervista per il mio blog perché il suo è un cinema che pone degli spazi in comune con l’atteggiamento del lettore quando apre un libro per scoprire una storia. Ha girato il primo lungometraggio nel 2013 si intitola Spaghetti Story, poi torna sul grande schermo nel 2017 con Acqua di marzo, mentre nel 2021 ci restituisce un nuovo lavoro con stile di intraprendenza, si intitola Giulia interpretato dalla bravissima Rosa Palasciano candidata al David di Donatello come migliore attrice. Concordiamo nel considerarlo il lungometraggio maturo, per ora.
Come un lettore cerca un libro per approfondire la conoscenza o vivere una emozione così nell’atteggiamento del regista c’è una profonda ricerca per delineare i suoi personaggi, un po’ alla volta, ma come ci riesce? «Per me è fondamentale l’attività di studio e di osservazione della realtà, del mondo che mi circonda, i dettagli di una giornata, della vita vera che si esprime con naturalezza e soprattutto con spontaneità». Il regista, nel suo modo di raccontare le storie, lascia allo spettatore l’opportunità di riflettere; lo stesso atteggiamento che ha lo scrittore nei confronti del suo lettore: entrambi tendono ad offrire l’esercizio del pensiero, no? «Il cinema è un mezzo espressivo che ancora può permettersi il lusso di divagare dalla narrazione principale, di aprire una porta e non chiuderla può lasciare un finale aperto, il cinema deve far nascere delle domande e non dare delle risposte e lo fa con l’immagine che è la sua identità perché nel cinema più del testo esiste il contesto». Ha scelto un cinema in grado di trasformare le immagini in pensieri, dove il realismo è profondo e ogni ciak è un momento unico, come il lettore che costruisce fotogrammi tra le pagine di un romanzo. Ma ci sono autori di riferimento per Ciro De Caro? «Sicuramente mi viene in mente Fedor Dostoevskij, mentre un autore italiano è Giovanni Verga. Uno scrittore che si dedica a raccontare la vita quotidiana, narrativa di grande modernità».
De Caro è un regista che legge soprattutto la letteratura da lui stesso definita del passato, porta nello zaino un libro già letto, un punto di riferimento per tornare a pensare, ed un libro da leggere lasciando spazio alla perlustrazione. Questo approccio in parte ci insegna che godere di qualcosa di bello significa rimanerci, come accade con il racconto per immagini che intraprende nei suoi film, infatti afferma: «perché tagliare le scene che riprendono un personaggio che cammina ripetutamente in diversi luoghi (riferimento al film Giulia) solo perché si comprende lo stesso il senso della storia? La comprensione di una storia è utile ma esiste anche il sentire e parte dalle viscere dello spettatore e avviene quando partecipa con ciò che vede». Per questo motivo per lui è molto importante che l’attore condivida la sceneggiatura che scrive, perché non deve mettersi una maschera, ma interpretare, fare in modo che il personaggio non venga recitato ma vissuto, per connettersi con la platea.
Ci sono nuovi progetti nel futuro artistico di Ciro De Caro, un cammino cinematografico che dura da vent’anni cominciato nel mondo della pubblicità. Se per essere uno scrittore è fondamentale prima di tutto leggere con passione, domando: un regista cosa deve fare prima di esserlo? «Io guardo assiduamente un film che mi illumina per entrare in tutti i suoi momenti e restarci il più possibile».