Son of Italy

Pasquale D’Angelo trascorre la sua infanzia in Abruzzo dove nasce nel 1894 e resta fino al mese di aprile del 1910, quando ottiene il permesso per sbarcare in America. I suoi primi sedici anni di vita li trascorre a Cauze una piccola frazione di Introdacqua, dove è ancora possibile scovare l’umiltà di una casa antica, tra architetture moderne; oggi la modernità evidenzia quel valore arcaico. Sono arrivata in un luogo silenzioso ed ho la sensazione di entrare in chiesa, osservo quella casa che ha visto crescere il poeta-scrittore insieme alla sua famiglia e i loro animali, ho cominciato ad intravedere le immagini della sua breve autobiografia romanzata che nel 1924 sull’onda della notorietà raggiunta, l’editore MacMillan Company di New York decide di pubblicare con il titolo Son of Italy e con il nome d’arte Pascal D’Angelo. «Il villaggio dove sono nato è formato da un gruzzolo di case in pietra a poca distanza da Introdacqua e non lontano dalle antiche mura di Sulmona. Introdacqua è abbarbicato in cima a una bellissima vallata di prati verdi e soffici cinti dalle spoglie cime bluastre della Maiella. La madre montagna si staglia a est rispetto a noi, e all’alba si tinge dello splendore dell’aurora. Ci sentiamo orgogliosi di considerarci figli della maestosa Maiella».

I primi anni del 1900 erano complicatissimi, un tempo precario che restituiva la continua sensazione di una strada senza uscita: «Alla fine di quella stagione, dopo aver venduto il raccolto, aveva a malapena abbastanza soldi per saldare il resto dell’affitto e rimborsare il prestito a un tasso esagerato. I latifondisti e gli usurai, questi sono i veri vampiri che infestano le nostre zone, non certo delle povere vecchie squilibrate». Angelo, il padre di Pascal, decise che era arrivato il momento di cercare fortuna nella potenza di un nuovo mondo e andare qualche anno in America, intenzione che comunicò a sua moglie, Annafelicia. In pochi giorni Pascal maturò la decisione di seguire il padre. A pagina sessantasei si consuma uno dei momenti più intensi di questa storia dove le parole sono la chimica dell’anima che esprimono il sentire di un ragazzo verso sua madre che nutre una sofferenza mossa dalla vita, perché è consapevole che saluterà definitivamente suo figlio. Il viaggio per raggiungere quel sogno sono pagine di letteratura illuminante dove l’esistenza smette di essere attesa di qualcosa e diventa un rischio che profuma di libertà. La vitale esigenza di narrarsi si fa sempre più largo nello scandire la drammatica storia, caratterizzata dall’andamento discorsivo con svariati componimenti poetici dove a dominare è una semplicità apparente.

Nel 1915 il padre di Pascal D’angelo decide di tornare in Italia mentre lui resta con l’intenzione di fare lo scrittore, oltre ad esserlo. Questo poeta sente che ognuno di noi può compiere grandi cose, se impara ad usare la risorsa di cui è dotato; ora in America sua madre non è più la coraggiosa donna che ha salutato mentre era seduto sulle striminzite scalette di pietra dell’ingresso di casa, ma è il desiderio di essere. Pascal cerca in ogni modo di impadronirsi della lingua inglese e cosciente della sua inerme condizione bracciantile comincia a studiare e frequenta la biblioteca pubblica per leggere Shelley e Keats; lui coltiva, non gli basta seminare. Di giorno spacca le pietre, di notte scrive poesie e le invia a diversi giornali, ripetutamente, vuole trasformare la pala e il piccone in carta ed inchiostro. Solo nel 1922 il settimanale “The Nation” pubblica le sue poesie e poi lo faranno anche altre testate giornalistiche. Grazie a questa autobiografia portata di nuovo alla luce dalla casa editrice Readerforblind è possibile scoprire l’opera di ricostruzione che svolge un uomo verso la sua vita incredibile, piena di difficoltà già dall’alba della sua esistenza. Pascal non si accontenta di sognare, preferisce fluire con la sua febbrile curiosità.

Restare ferma a Cauze in mezzo a quel silenzio assordante per me è significato comprendere come un uomo recupera la sacralità di un essere emigrante, consegnandoci delle splendide pagine descrittive di un ragazzo che si mette in viaggio verso l’ignoto, passando tra mille volti per arrivare a navigare in un mare mai visto, prende treni che sfrecciano per finire nei solchi complicati del pianeta terra, prima di tentare di mangiare la Grande Mela. Pasquale D’angelo muore a Brooklyn nel 1932 al Kings County Hospital per l’incuranza di un giovane medico. Intercettare il luogo del suo inizio significa non dimenticare perdutamente il concetto di ‘partenza’, utile a restituire il senso del viaggio intrapreso. Pascal questo lo ha sempre saputo, infatti ha lottato incessantemente per inventarsi una vita nuova, riuscendo ad arrivare molto lontano, un altrove infinito riservato ai poeti.

PASCAL D’ANGELO
Son of Italy
Readerforblind